Il figlio di Babbo Natale

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  1. matteorum
     
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    UUna domanda attraversa le menti dei bambini del mondo: come fa Babbo Natale a recapitare i regali a tutti, in tutto il pianeta, nell'arco di una sola notte? Semplice: grazie alla slitta-astronave S-1 e ad un esercito di elfi allenati a non impiegare più di 18,14 secondi per casa. Il fautore della svolta industrial-tecnologica nell'attività di Babbo è il suo primogenito Steve, destinato ad essere il prossimo ad indossare il costume rosso. Qualcosa però va storto, proprio la notte di Natale, e un pacco regalo rimane a terra. Che fare? Come consegnare il dono promesso alla piccola Gwen, in Cornovaglia? "Nessun bambino dev'essere dimenticato!", predica disperato Arthur, il figlio minore, l'inetto di famiglia, ma anche il solo che nutra nell'anima un amore inesauribile per il Natale e il suo spirito originario.
    Era tanto che lo aspettavamo e finalmente è arrivato, il film che del Natale rispetta i crismi ma insieme li rinnova, generazionalmente (come suggerisce il titolo) e non solo. La fucina è quella di Wallace & Gromit e Galline in fuga ma il tocco è meno inglese e più universale, come vogliono il tema e la partnership con la Sony. Non sono però tanto le invenzioni collaterali simpatiche o i personaggi secondari fantasiosi a fare di questo film un desiderio esaudito, bensì la presenza di un'idea, semplice eppure unica, che fa di Babbo Natale qualcuno da spedire in pensione e individua il suo successore naturale in una sorta di Semola, a suo agio con la magia ma non con la tecnologia né con la legge del più forte. Ipocondriaco, goffo, relegato allo stanzino della posta anziché al quartiere generale della grande industria, Arthur è un nerd che non siede davanti ad un monitor ma davanti ad un database cartaceo, colorato e pressoché infinito di letterine, che un giorno trova la falla nel sistema, il bug che compromette l'intera ideologia che sta dietro il mito del Natale.
    Per Arthur Christmas (questo il titolo originale) è dunque una questione di identità: le domande chiave "chi è Babbo Natale?" e "perché lo fa?" diventano "chi sono io?" e "qual è il mio scopo nella vita?". Concentrandosi sul viaggio dell'antieroe, il film fa così trionfare lo spirito natalizio senza retorica alcuna, semplicemente come la vittoria dell'inatteso (e personalizzato) sul previsto (e confezionato). Siamo dentro il contrario di Polar Express: non dalla casa del bimbo al magico Polo Nord ma dal disfunzionale Polo Nord giù, a tutti i costi, verso la piccola casa di una piccola donna in una piccola cittadina. Per restare ai raffronti cinematografici, diremo che non siamo lontani dal messaggio del bellissimo Ortone, per cui ogni persona è importante, per piccola che sia.
    Infine, la scrittura brillante (anche e soprattutto perché dietro il personaggio esilarante di Nonno Natale si avverte la penna di Borat, Peter Baynham, che qui sceneggia con la regista Sarah Smith) e il 3D piacevolmente leggero, fanno del Figlio di Babbo Natale una delle migliori favole natalizie degli ultimi anni.


     
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0 replies since 3/1/2012, 21:11   12 views
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